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Gianni Colombo. A Space Odyssey
A cura di Marco Scotini
12 maggio – 17 luglio 2023
lun, mar, mer, gio, ven: 11:00 – 18:00
opening:
11 maggio 2023
18:00 – 21:00
Press Release

Gianni Colombo

A Space Odyssey

A cura di Marco Scotini

Inaugurazione: giovedì 11 maggio 2023; 18-21

12 maggio - 17 luglio 2023

lunedì - venerdì; 11-18

 

Fondazione Marconi e Gió Marconi sono lieti di annunciare Gianni Colombo. A Space Odyssey, un’importante retrospettiva dedicata all’artista milanese in occasione del trentesimo anniversario dalla sua scomparsa. La mostra intende mettere a fuoco la particolare drammaturgia spaziale che connota il suo lavoro, a partire da un confronto con il colossal fantascientifico di Stanley Kubrick del 1968.

Considerato uno dei maggiori esponenti dell’arte cinetica e ambientale internazionale, Gianni Colombo fa del vincolo tra spazio e corpo il catalizzatore di tutti i suoi interessi di ordine plastico. Attraverso l’uso di flash luminosi, di oggetti in movimento, di ambienti immersivi e il ricorso a elementi architettonici isolati, l’artista realizza dispositivi spaziali perturbanti in grado di disorientare le forme percettive acquisite e di decostruire i codici dei comportamentali ordinari.

Se per tutti gli anni Sessanta, in perfetta sintonia con Lygia Clark, Colombo sfida la rigidità con la messa in scena dell’elasticità, durante gli anni Settanta mette la gravità al centro delle proprie sfide. Non è un caso che le tre grandi installazioni concepite, in tempi successivi, per lo Studio Marconi - Campo praticabile (1970), Bariestesia (1975) e Topoestesia (1977) – segnino una tappa fondamentale del suo percorso in questa direzione, assumendo la forza di gravità come fattore (tanto ineluttabile quanto invisibile) da superare. Le bande elettroniche del teleschermo o la percezione barestesica (condizione di equilibrio), così come la progressiva sostituzione dello spazio cubico con quello curvo determinano, di fatto, la sua produzione di questo periodo.

È infatti con il piano levitante di Campo praticabile che Colombo interviene sul pavimento della galleria con un ambiente realizzato in collaborazione con Vincenzo Agnetti. Sarà quest’ultimo a scriverne: Data una base; il piano terra, una pedana o altro, identificabili nella soglia di sensibilità, abbiamo comunque un campo composto da due semisfere: la superiore come campo virtuale positivo tendente alla ridondanza, l’inferiore come campo negativo imprevedibile previsto.

Nello stesso 1970 una straordinaria foto di Ugo Mulas ritrae uno dei tre corridoi della Topoestesia presentata alla mostra “Vitalità del Negativo” come uno spazio centrifugo. Tutte e quattro le pareti perimetrali convergono verso quella di fondo, che è l’effetto visibile di una torsione, non permettendo così l’identificazione di nessun asse di riferimento. Gianni Colombo è al centro dell’immagine: i piedi poggiano su una parete laterale e il suo busto sull’altra di fronte, con le mani compresse sulla superficie. Potremmo ruotare l’immagine di 45 gradi e la parete laterale potrebbe trasformarsi immediatamente nel piano pavimentale. Quindi, si ha l’impressione che ad essere fotografata sia piuttosto una sorta di navicella spaziale in cui i corpi degli astronauti orbitano su uno spazio antigravitazionale.

Del resto l’allunaggio dell’Apollo 11 risale al luglio del 1969 e Topoestesia (Itinerario programmato) è di appena un anno dopo. Il sensazionale film sci-fi di Stanley Kubrick, 2001. Odissea nello Spazio, del 1968 risulta un altro importante elemento di comparazione non solo per queste opere ma per molte altre concepite da Gianni Colombo lungo la sua intera attività. Compito della mostra è focalizzarsi sulle sfide dell’artista alla gravità e sulla sua idea di piano inclinato: aspetto condiviso con molta danza contemporanea coeva, da Yvonne Rainer a Simone Forti. Dalle sue primissime opere in ceramica Costellazioni Intermutabili del 1960 si arriva alle strutture metalliche sospese e in movimento, Spazi Curvi, degli anni ’90, passando per la ricostruzione di alcuni ambienti fondamentali (Bariestesia 1973 e Topoestesia 1977), attraverso cui restituire parte della storia dello Studio Marconi. In sostanza, Gianni Colombo. A Space Odyssey intende essere un viaggio all’interno di una strana macchina spaziale, in compagnia di un equipaggio del tutto eccezionale (da Vincenzo Agnetti a Ugo Mulas, da Joe Colombo a Livio e Piero Castiglioni e Maria Mulas). Un viaggio in grado di mettere in discussione la sicurezza delle nostre coordinate cartesiane.

L’idea dell’accostamento che la mostra propone tra la spazialità di Colombo e quella messa in scena nel film di Kubrick deriva dall’uso, in entrambi i casi, del disorientamento percettivo per ristabilire lo stato di equilibrio del nostro corpo come processo aperto, in cui si risponde al perturbamento sensoriale con un re-aggiustamento fisico operato dalla stessa esperienza e lontano da ogni astrazione.

 

NOTE BIOGRAFICHE

Gianni Colombo nasce a Milano nel 1937. Dopo gli studi compiuti all’Accademia di Brera sotto la guida di Achille Funi, nella seconda metà degli anni Cinquanta Gianni Colombo realizza le prime opere di ispirazione cinetica e programmata.

Inizia a esporre presso la Galleria Azimut e nell’ottobre 1959, con Giovanni Anceschi, Davide Boriani e Gabriele De Vecchi, fonda il Gruppo T (cui l’anno dopo aderisce Grazia Varisco), che si propone di indagare la dimensione temporale come fattore essenziale dell’opera d’arte e della sua ricezione, insieme a una ricerca sulla luce e sui fenomeni percettivi.

Con il Gruppo T espone alla Galleria Pater di Milano nel gennaio 1960, alla rassegna “Nove Tendencije” al museo di Zagabria nel 1961 e alla mostra “Arte programmata”, organizzata a Milano da Bruno Munari e Umberto Eco nel 1962.

Nel 1963 partecipa alla IV Biennale di San Marino e l’anno seguente presenta il suo primo ambiente abitabile, Strutturazione cinevisuale abitabile, alla rassegna “Nouvelle Tendance” al Louvre.

Nel 1965, dopo la partecipazione alla terza mostra del gruppo Zagabria, espone al Museum of Modern Art di New York nell’ambito di “The Responsive Eye” (un suo scritto teorico Sulle ricerche plastiche cinevisuali è pubblicato in catalogo).

In Olanda partecipa alla mostra “Nul ‘65” presso lo Stedelijk Museum di Amsterdam, e consolida i rapporti col Gruppo Zero di Düsseldorf.

Nel ’67, alla rassegna “Trigon” di Graz, presenta l’ambiente Spazio elastico, mentre a Foligno si svolge la mostra “Lo spazio dell’immagine” in cui progetta, insieme a Gabriele De Vecchi, Ambiente a strutturazione virtuale.

Con il Gruppo T espone ancora nel 1968 a Grenoble, ma il sodalizio tra i componenti si scioglie poco dopo. Tuttavia Colombo ha da tempo aggiunto una buona affermazione personale e, proprio in quell’anno, vince il Primo Premio per la pittura alla XXXIV Biennale di Venezia.

Nel 1970, insieme a Vincenzo Agnetti, realizza l’ambiente Campo praticabile che espone allo Studio Marconi.

Dalla fine degli anni Sessanta la sua ricerca si rivolge anche al video: nel 1971 presenta Total Furnishing Unit al Museum of Modern Art di New York nell’ambito della mostra “Italy: The New Domestic Landscape”. Nel 1975 ha una personale allo Studio Marconi, dove realizza e presenta l’ambiente Bariestesia.

Riceve diverse commissioni pubbliche, tra cui un monumento alla Resistenza per il comune di Como.

Dal 1980 è titolare alla cattedra di “strutturazione dello spazio” alla Nuova Accademia di Milano, che dirigerà a partire dal 1985. Nel 1983 tiene un’importante mostra personale alla Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Suzzara. L’anno seguente è invitato al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano e alla Biennale di Venezia, dove ha una sala personale. Nel 1986 realizza le scenografie per Stephen Climax di M. Zender all’Opertheater di Francoforte. Nel frattempo lavora alla serie delle Architetture cacogoniometriche – Archi, lavori ambientali che presenta nel 1992 alla Staatliche Kunsthalle di Baden-Baden.

Gianni Colombo si spegne improvvisamente il 3 febbraio 1993, a Melzo.

Nel 2010 il Castello di Rivoli gli dedica una mostra importante a cura di Carolin Christov-Bakargiev e Marco Scotini.

Tra le principali e più recenti collettive figurano la mostra Thinking Machines al MoMA di New York (2018); Vertigo. Op Art and a History of Deception 1520-1970 al Kunstmuseum di Stoccarda e al Mumoc di Vienna e Le diable au corps. Quand l’Op Art électrise le cinéma, al Mamac di Nizza (2019).

Via Alessandro Tadino 15, 20124, Milano, Italy