Giocando con personaggi, ambienti o diverse alterazioni temporali,
trasformo alcuni elementi della nostra realtà mantenendone altri,
per creare una finestra su un possibile mondo parallelo, assurdo e
spaventoso allo stesso tempo perché quasi possibile. È sul ciglio della
contraddizione che possiamo decidere cosa è vero per noi stessi.
Giulio Scalisi
Case Chiuse HQ ospita Like a True Gentleman, la personale di Giulio Scalisi in collaborazione con Kunsthalle Lissabon, Lisbona.
La mostra si sviluppa attorno a A House for a Gentleman, opera video in CGI che racconta la giornata di un uomo ambientata in un futuro distopico non troppo lontano, nel 2048. Entrando, accediamo al mondo di Paul, il protagonista, dove alcuni elementi dell’allestimento richiamano la sua casa. Ascoltiamo i suoi dialoghi e i suoi pensieri da cui emergono tutte le contraddizioni del nostro tempo. L’introspezione e l’ironia sono la lente deformante attraverso cui Scalisi analizza la nostra società.
Paul vive su una Terra dove l’aria non contiene più abbastanza ossigeno e, come il resto dell’umanità, è obbligato a trascorre la maggior parte del tempo dentro casa. Isolato, sigillato e allo stesso tempo osservato da una tecnologia pervasiva che addomestica. Questo è il canale attraverso cui il mondo esterno fluisce all’interno, dalla realtà ai social media, dalle relazioni interpersonali al lavoro e così via.
Paul: Desiderare l’imprevisto in una camera stagna è una partita persa.
Il video finisce dove la mostra inizia. Nella prima sala sono esposti una serie di 15 ritratti di Paul attribuiti ai suoi amanti, che lascia senza apparente rimorso, “come un vero gentiluomo”. Nella storia è evidente la fragilità dell’individuo per la mancanza di interazioni sociali e contatto con la realtà. Per sfuggire all’alienazione, Paul alimenta l’ossessione per la rappresentazione e rielaborazione di sé, sfogata attraverso i ritratti o i selfie sui social, appagati da quel boost di serotonina per i like. Nel ritratto è evidente la necessità di essere visti e allo stesso tempo è uno strumento di indagine della personalità, ne rivela la complessità e ne rafforza la vanità. C’è qualcosa di ludico e romantico nel giocare con la propria immagine, e la circolazione alimenta un’economia dell’affetto o della spettacolarizzazione del sé. La trasformazione del concetto di individuo, iniziata nel XX secolo e spinta da forze sociali, culturali e di genere, è una conseguenza della dimensione mutevole del soggetto. Infatti, un ritratto non è mai uguale all'altro e quelli di Paul, conservati meticolosamente in buste di plastica, diventano testimonianza tangibile della sua esistenza.
Paul: Pagano il loro pegno [con un ritratto] e mi ricordo che esisto al di fuori
della mia percezione. Ma avvolte, ai loro occhi, sembro quell'uomo
che compare nei miei pensieri. Odio questa cosa.
Proseguendo nella seconda sala scopriamo l’altro elemento della storia: The Obelisk. È un’abitazione monofamiliare a forma di cazzoe disponibile in varie dimensioni. Da sempre, la casa e il suo interno sono il riflesso delle aspirazioni del suo abitante, della sua posizione in relazione alla società in cui vive e di come vuole apparire.
Come in un’agenzia immobiliare, qui sono esposti i manifesti della campagna pubblicitaria insieme a un modellino 3D per spiegare ai futuri inquilini l’efficienza di The Obelisk e la sua capacità di fornire ossigeno.
Ogni edificio è dotato di HOME, assistente virtuale onnipresente e perennemente connesso al suo abitante: assiste, regola, consiglia, predice e sovrintende ogni azione. È una super-intelligenza artificiale sviluppata da Sunjob, azienda tech per cui lavora Paul e, come spesso accade, è una tecnologia che modifica il nostro comportamento e il nostro rapporto con la realtà.
Il manifesto Do yourself a favor invece spiega i gravi rischi della vita all’esterno. È evidente che l’umanità ha fallito nel frenare la crisi climatica e le grandi corporation hanno preso il sopravvento.
HOME: Si raccomanda vivamente di non uscire di casa senza una
maschera per l'ossigeno. Se avete bisogno di qualcosa dall'esterno
si suggerisce di ordinare un delivery o di programmare
una delle tante soluzioni di trasporto.
Agli abitanti di questa Terra non è permesso esplorare liberamente l’esterno ma anche il mondo virtuale a cui hanno accesso, il metaverso, ha i suoi limiti e regole.
Oltre a HOME, Sunjob ha sviluppato anche un sistema di autocensura: SOMA. Un’IA che preventivamente, in ogni operazione che gli user fanno in internet, regola, altera, e in alcuni casi censura, tutti i contenuti che vengono immessi sulla rete. Questo crea un tipo di comunicazione normalizzato e sterilizzato atto a tutelare la sensibilità di un’utenza globale.
Non sai nemmeno di cosa stai parlando quando hai una macchina che lo fa per te!
Una via di fuga da questa società del controllo è disconnettere tutti gli assistenti virtuali ed entrare nel dark web dove l’autocensura non viene applicata e il pensiero è libero ma impazzano le teorie di complotto.
Il protagonista segue una di queste teorie secondo cui la necessità di respirare è il risultato di un condizionamento mentale attuato dai medici alla nascita. Questa setta, attraverso pratiche di apnea meditativa, spinge i suoi seguaci a emanciparsi dalle limitazioni imposte dalla natura per diventare finalmente degli uomini liberi.
Perché dobbiamo respirare quando non c'è più ossigeno nell'aria? (…)
Perché i bambini piangono quando iniziano a respirare? (…)
Non lasciatevi gravare di nuovo dal giogo della schiavitù.
Sunjob, Damazon, Babel, Supple e molti altri: i maestri corrotti.
Chiunque controlla le scorte di ossigeno governa questa grande terra.
Con questa mostra, Giulio Scalisi approfondisce la sua ricerca nell’indagare i meccanismi della società occidentale. Attraverso un processo di decostruzione, semplificazione ed enfatizzazione, riformula l’alfabeto di un futuro possibile e incalza l’innata curiosità voyeuristica che ci accomuna e diverte, per spiare una giornata qualunque di Paul. Il risultato è un cortocircuito tra comico e tragico. Da una parte non si può che ridere dell’abitare in una casa a forma di cazzo, dall’altra non possiamo che provare empatia per il modo in cui vive, una reminiscenza distopica del nostro tempo.
Un ringraziamento molto speciale a Charlie Vezza, per il prestito della lampada Tahiti (Memphis Milano, Ettore Sottsass, 1981), e a Alberta Romano / Kunsthalle Lissabon.
Giulio Scalisi (Salemi, 1992) vive e lavora a Milano. Nel 2014 si laurea alla NABA, Milano, nel corso di Arti visive per poi conseguire nel 2016 il master di Visual Arts all’ÉCAL, Losanna.
Tra le sue mostre recenti ricordiamo: Good Guys (Gran Riserva), Gasconade, Roma; tAPC/the Artist’s PC, Le Botanique Centre Culturel, Bruxelles; Life is a Bed of Roses, Fondation Ricard, Parigi; Homesick, Futuredome, Milano; Alghe Romantiche, Tile Project Space, Milano; Fedeli alla linea, Sonnenstübe, Lugano; Every breath you take, Galleria Umberto di Marino, Napoli; Dripping in crocodile tears, Like a little disaster, Polignano; 1999, Kaleidoscope @ Spazio Maiocchi, Milano; A healthy dose of confusion before the bang, Federica Schiavo Gallery, Milano; Basta, Palazzo Monti, Brescia; Primary Domain, Ordet, Milano; Fotoromanza, Ville de Genève, Ginevra; Videocittà, Palazzo dei Congressi, Roma; Il Pianeta, Spazio Maiocchi, Milano; A house for a gentleman, Kunsthalle Lissabon.